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martedì 31 luglio 2012

Città degli orti. Intervista al vicesindaco Paolo Ghezzi sull'esperienza pisana, modello per tutta l'Italia

Il cibo come “occasione per parlare di geografia, storia, biologia”, l’alimentazione come “materia di studio completa e complessa in cui la salute del pianeta è strettamente legata a quella dell’individuo”. Nel presentare l’ultimo numero di Locus, la rivista trimestrale di cultura del territorio edita da Felici editori sul tema Pisa, città degli orti, Carlo Petrini, fondatore e presidente internazionale di Slow Food, si riferisce al progetto ”Orto in condotta” che ha ormai superato le quattrocento esperienze in Italia. Un percorso a cui, dopo aver già realizzato in proprio il progetto un “orto in ogni scuola”, il Comune di Pisa ha aderito. Un’esperienza unica in Toscana ma anche in Italia, per un così elevato numero di orti nelle scuole tutti in ambito cittadino. Ne parliamo con Paolo Ghezzi, vicesindaco del Comune di Pisa con delega anche a parchi, verde pubblico e cura della qualità urbana.

Negli ultimi anni quando si parla di educazione alimentare si tende spesso a fare riferimento solo alla quantità di calorie. Non si parla quasi mai del legame tra cibo e identità culturale, poco di qualità e di sapori. Per Slow Food il progetto “Orto in condotta” rappresenta uno strumento didattico per conoscere il territorio i suoi prodotti, i suoi legami con le stagioni, le sue ricette. Come è stato introdotto nel territorio comunale di Pisa?
Nell’anno scolastico 2007-2008 venne ideato dal Comune di Pisa il progetto “un orto in ogni scuola”. Da subito furono raccolte decine di adesioni da parte delle scuole pisane. I 35 orti scolastici, dopo un’adeguata fase di formazione, furono realizzati dalle maestre e dai bambini delle scuole pisane con il supporto logistico dell’azienda agricola Pacini e della Cooperativa Terra Uomini e Ambiente e con il supporto formativo di Slow Food. Oltre ad imparare, zappettare, annaffiare e raccogliere i frutti del proprio lavoro, nel primo anno i bambini realizzarono anche migliaia di biglietti di auguri colorati messi in vendita per acquistare alberi da frutto da piantare nel giardino della propria scuola. L’anno successivo il progetto degli orti pisani si è evoluto ed è stato accolto nel progetto “Orti in condotta” della rete nazionale Slow Food formalizzata con la firma di un protocollo alla presenza di Carlo Petrini nel corso del convegno “Mai fragole a dicembre”. Un ingresso prorompente, tanto da costituire ancora oggi la più capillare diffusione di orti in ambito scolastico di tutta Italia.

Qual è stato il procedimento per realizzare gli orti?
C’è stata una naturale evoluzione nel tempo. Con sopralluoghi mirati nei giardini scolastici sono stati individuati i luoghi più adatti per accogliere l’orto prevedendo l’esecuzione in cassette nel caso in cui le condizioni non consentissero di utilizzare direttamente il terreno naturale. Alle classi sono state assegnati kit di attrezzi e semi per dedicarsi all’attività di orticultura. In alcune scuole sono stati distribuiti biocomposter per il trattamento di rifiuti organici, in altre sono state seminate windflowers per creare un prato di fiori spontanei. Percorsi specifici sono stati previsti per i racconti degli ortolani anziani, per il recupero di materiali e per il risparmio di risorse. L’attività è stata arricchita con temi ambientali e con percorsi proattivi per richiamare le farfalle nei giardini delle scuole. Direi un grande successo di un progetto semplice. Vedo, infatti, un'inversione di tendenza: per decenni c’è stato il fuggi fuggi, l’orto era sinonimo di arretratezza, di povertà. Ora si sta riscoprendo che la ricchezza è mantenere il rapporto con il territorio.

Un messaggio anche sul piano educativo…
C’è una filiera di valori che cerchiamo di recuperare anche, e soprattutto, con i bambini delle scuole. Uno dei messaggi principali che cerchiamo di trasmettere è che tutti devono e possono avere un ruolo nel processo di cura dell’orto: proprio come dovrebbe accadere nella società civile. Chi zappetta la terra ha bisogno, per vedere un buon risultato, di chi sparge i semi, di chi toglie le erbacce, di chi ogni giorno fornisce un po’ d’acqua. E’ una lovoro di gruppo e, se guardiamo bene, un ruolo non è più importante dell’altro: per arrivare in fondo ogni attività è indispensabile e va fatta con cura per non vanificare gli sforzi di tutti. E tutti devono avere rispetto del lavoro altrui. Questo vale nell’orto ma, più in generale, dovrebbe valere nella società. Non esiste una società che possa definirsi equilibrata e che aspiri a una elevata qualità di vita se non è in grado di valorizzare il lavoro di tutti. Siamo legati al ruolo che ciascuno di noi svolge. E’ una catena di gesti tutti ugualmente importanti. Non esiste un lavoro più dignitoso di altri e per un risultato finale di qualità difficilmente ci si può ritenere autosufficienti.

A cosa è dovuto un così grande successo?
Forse allo stimolo dell’immaginazione, ma soprattutto alla semplicità della proposta e ai tanti significati che essa racchiude. Dall’insegnamento ai bambini al ciclo delle stagioni e dei frutti che la terra mette a disposizione nei diversi periodi all’impegno per veder crescere i risultati del proprio lavoro; dal rispetto per l’ambiente comune all’educazione con esperienze dirette e ad un corretto ciclo di alimentazione. In generale l’attività nelle scuole vuole essere uno stimolo alla capacità di valutazione autonoma del bambino in controtendenza e da contrapporre alle infinite sollecitazioni mediatiche e di costume.

Sono nate anche le “Ortimpiadi”…
Sì, come progetto in collaborazione tra il Cus Pisa e l’associazione Orti pisani per promuovere la sinergia tra il piacere del movimento e dello sport ed il piacere di mangiare sano e buono. Dopo una prima edizione al Cus Pisa le Ortimpiadi sono state organizzate nel 2011 anche sul Ponte di Mezzo chiuso, per l’occasione al traffico, e reso verde con prati e piante. Si tratta di gare a carattere ludico-sportivo che coinvolgono sia le competenze fisiche sia quelle di orticoltura ed alimentazione dei partecipanti. Il progetto prevede oltre alla giornata finale con le gare, la realizzazione di orti presso la sede del Cus Pisa o in altre zone della città; la realizzazione di un percorso formativo di educazione allo sport e di educazione alimentare, collegato alla realizzazioni degli orti nelle scuole cittadine. Si impara giocando con “la corsa del cavolo”, con “rubaravanello” e con “il lancio della patata”.

Il Comune di Pisa ha anche istituito una giornata interamente dedicata ai temi dell’Orticultura?
Sì, con una delibera del 2010 è stato istituita, nella giornata internazionale dedicata all’Africa, il 25 maggio, una giornata che Pisa dedica ogni anno ai temi dell’orticultura coinvolgendo i bambini e le loro famiglie.

Dai risultati del progetto un orto in ogni scuola e poi un orto in condotta si è fatto carico di una ambiziosa iniziativa: promuovere l’educazione e la formazione agro-ecologica in alcune scuole della città brasiliana di Corumba con cui Pisa ha sottoscritto un patto di amicizia e solidarietà. Che risultati avete ottenuto?
C’è stato un percorso parallelo a Pisa e in Brasile con modalità e tempistiche diverse. Ciò aiuta i bambini e loro famiglie a comprendere meglio che ciò che cresce a Pisa non può crescere nello stesso momento a Corumba e che ogni territorio vive il suo tempo e la sua specificità alimentare che va preservata e valorizzata. Nello specifico, Corumbà è una città che vive sul piano sociale una situazione drammatica. L’obiettivo del progetto è quello di spezzare la catena che lega giovanissimi e criminalità attraverso la promozione all’interno delle scuole di attività di formazione relativa al settore agro-ecologico. In questo modo le famiglie, spesso con un bassissimo reddito, possono beneficiare direttamente delle attività del progetto. Nelle proprie abitazioni, gli orti possono divenire una fonte di sostentamento ed autoalimentazione. Il progetto ha avuto come scopo anche quello di mettere in rete i bambini delle scuole pisane con quelle delle scuole brasiliane. I contatti via web hanno costituito un ulteriore elemento di arricchimento del progetto.

Il Comune di Pisa ha redatto un disciplinare per potenziare la pratica degli orti sociali anche in città e non solo in alcune periferie. Finora l’aumento degli orti in città è stato particolarmente significativo?
Il disciplinare è stato redatto attraverso un lavoro lungo e multidisciplinare coinvelgendo direttamente anche gli ortolani al fine di razionalizzare, prima, le esperienze già realizzate come quella de I Passi e soprattutto del Cep e di crearne, poi, delle nuove. L'obiettivo è quello di dotare ogni circoscrizione di una realtà come quella esistente al Cep. Vanno individuate le aree ottimali e creati percorsi di investimento sociale ed economico. Per realizzare l'intero progetto ci vorrà la prossima consiliatura. I prossimi orti sociali previsti dovrebbero essere nella zona di via Norvegia anche se stiamo conducendo, con il contributo di Regione e CNR, uno studio per la localizzazione ottimale di queste aree anche da un punto di vista pedologico e della qualità dei terreni.

C’è chi sostiene che bisognerebbe superare l’attuale normativa che prevede la realizzazione di orti urbani nelle sole aree individuate come aree agricole urbane perché potrebbero essere realizzati anche nelle aree individuate come aree a verde attrezzato. Che ne pensa?
E’ un discorso molto complesso e delicato, è un’idea suggestiva ma effettivamente difficile da concretizzare nella sua realizzazione pratica. Bisogna far convivere esigenze diverse e c’è un limite oltre il quale è difficile trovare un equilibrio. Il problema delle responsabilità e di chi si prende cura degli spazi non è secondario e difficilmente lo si può delegare alla buona volontà di qualche volontario. Già in passato i percorsi non sufficientemente controllati hanno dato risultati deludenti e molto lontani anche dalle finalità per cui erano nati.

Siamo abituati agli orti come caratteristica della campagna o dell’estrema periferia spesso con recinzioni molto meno curate rispetto a quelle dei giardini. Magari per gli orti in città potrebbero essere maggiormente valorizzati elementi di arredo urbano come ad esempio delle belle recinzioni per le quali, a dire il vero, Pisa non si è mai particolarmente distinta.
Questo è un passaggio culturale che potrebbe davvero generare una svolta. La cura dell’orto deve recuperare la capacità di trasmettere sensazioni visive ed emozioni. Un orto curato, nella disposizione degli spazi e nella qualità degli arredi, descrive uno stato d’animo, un atteggiamento mentale, un rapporto sereno con quel che si sta facendo. L’orticultura può risultare anche un percorso efficace per recuperare serenità e per favorire socialità. L’estetica e la pulizia del luogo possono diventare, in questo senso, uno specchio eloquente del proprio equilibrio interiore e del piacere di aprirsi agli altri offrendo il meglio di sé.
Enrico Stampacchia