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sabato 26 gennaio 2013

Pisa città d'acqua: fotografare l'attualità per progettare il futuro e conoscere il passato. Guida al volume fotografico di Irene Taddei

Fotografare il presente per progettare il futuro e conoscere il passato di una città nata sui detriti alluvionali di due fiumi. Non capita spesso di scoprire luoghi di grandissima suggestione, vicini ma a volte sconosciuti, sfogliando le pagine di un libro. Dedicato al rapporto fra Pisa e le vie d'acqua, il volume fotografico Pisa città d’acqua - libro strenna delle società Forti Holding SpA e Ecofor Service SpA - è stato presentato dal Sindaco di Pisa Marco Filippeschi, dall'editore Pierfrancesco Pacini, dall'architetto e curatore dei testi Mario Pasqualetti e dall'autrice Irene Taddei nella Sala Regia di Palazzo Gambacorti.
Anche il Presidente della Forti Holding SpA, l'Ing. Franco Forti, ha espresso  il suo entusiasmo  per il libro di quest'anno; un'opera che porta avanti dal 1992 la tradizione dei libri strenna del Gruppo Forti legati al territorio pisano.
Se l'Arno, l'elemento determinante nella vita, nell'economia, nella storia di Pisa, gioca il ruolo di primo attore,  il mare, i lungomare del Litorale, l’acquedotto, le fontane, e il sistema dei fossi e dei canali, a cominciare da quello dei Navicelli, sono anch'essi soggetti principali dell'ampia ricognizione fotografica. Centottanta foto di un territorio ricco di testimonianze sull'opera svolta dall'uomo per controllare l'acqua (vedi scheda) illustrano le pagine di un volume che per la bellezza delle sue immagini è capace di suscitare forti emozioni. Immagini che per l'autrice e fotografa Irene Taddei "vogliono raccontare una storia, parlare della realtà al di là delle naturali apparenze, dire a chi le guarda cose per ciascuno diverse".
"E' un libro di incomparabile bellezza – ha sottolineato il Sindaco di Pisa Filippeschi – e su questo bel lavoro c'è stato un investimento del Comune come può testimoniare la ricca introduzione al volume dell'architetto Mario Pasqualetti. La storia delle vie d'acqua è la storia di Pisa. Si evoca una storia più lontana perché la nostra è una città di vie d'acqua che furono decisive per far sì che la repubblica pisana divenisse potente nel mediterraneo". Tuttavia per Filippeschi "abbiamo bisogno di dare uno sbocco contemporaneo con una progettualità. Se c'è progettualità poi ci sono anche le realizzazioni. In una città che può diventare una città splendida e abbiamo le risorse perché lo diventi. C'è un'idea e questo volume è uno strumento importante per alimentare questa idea, è una base di lavoro, un bel biglietto di presentazione".
Se per Taddei "il complimento più grande è sapere che questo volume è anche uno strumento di lavoro per il futuro", Filippeschi sottolinea la gran mole di investimenti importanti degli ultimi anni: "Abbiamo raggiunto risultati importanti sulla sicurezza idraulica soprattutto nella zona sud che era soggetta ad allegamenti. Ora avremmo progetti per la zona nord. Si è riscoperto la funzione del canale Navicelli in connessione ad un sistema rilevante per la nautica. Ed è in partenza il cantiere per la riapertura dell'Incile. C'è sostanza per fare un vero e proprio piano in aggiunta ai piani urbanistici che riguardano la terra ferma. In particolare abbiamo pensato di esplorare un progetto della golena dal Guadalongo a Riglione dove c'erano industrie d'escavazione poi abbandonate. Un'altra idea forte sarà quella di congiungerla con il viale delle piagge all'altezza di San Michele con un ponte pedonale e ciclabile".
Per l'architetto Pasqualetti il risultato di questa ricerca "fa riemergere le memoria della Pisa grande potenza del mediterraneo, ma anche l'immagine di uno straordinario paesaggio, a volte intatto, a volte bisognoso di cure ma con grandi possibilità di riqualificazione, che, pur percependosi come naturale, è in realtà il risultato dell'azione combinata della natura associata agli sforzi fatti dalle generazioni che ci hanno preceduto per rendere sicura Pisa e asciutta e salubre la pianura. Se questo libro, al di là delle emozioni che suscita, può servire a far conoscere meglio la storia della nostra città e a immaginare una città diversa vuol dire che abbiamo raggiunto il nostro scopo".

Enrico Stampacchia

venerdì 11 gennaio 2013

Dalla Repubblica Pisana al Principato di Piombino: storia dei Principi Appiani–Aragona

Un pezzo di storia che torna alla luce. Una delle casate più importanti d'Italia fino ad oggi poco conosciuta, che ha segnato il territorio toscano per cinque secoli, dalla repubblica pisana al principato di Piombino. Si tratta dei principi Appiani-Aragona che hanno avuto i natali proprio nel castello di Pons-Sacci, tra il territorio di Ponsacco e quello di Pontedera. Finora le conoscenze  erano limitate ad alcuni fatti tramandati dalla storia locale. Si sapeva che la casata aveva venduto Pisa ai Visconti e dopo essere “fuggita” nel 1399 a Piombino aveva fondato una nuova signoria che, distaccatasi dalla repubblica pisana, comprendeva tutto il litorale da Populonia a Scarlino e tutte le isole dell’arcipelago toscano e successivamente, alla fine del XVI secolo, si era trasformata in principato di Piombino.
Fondata su una importante ricerca storica ed archivistica attraverso una documentazione completamente inedita e sconosciuta, la nuova imponente pubblicazione Principi Appiani–Aragona. Dalla Repubblica Pisana al Principato di Piombino di Alberto Arrighini, edita da CLD libri, fa emergere uno spaccato su questa dinastia, protagonista per cinque secoli, dal XIV secolo al congresso di Vienna, e legata all’Impero, al regno di Spagna e a tutte le grandi casate che hanno dominato i vari staterelli italiani.
La ricerca di Arrighini non è un approfondimento su personalità già affermate nella storia, ma fornisce il materiale per costruire un nuovo edificio storico che porta alla luce quattrocentocinquanta anni di storia di una famiglia potente di cui non si sapeva quasi niente perché il tempo l'aveva dimenticata.
Il libro è stato presentato venerdì 4 gennaio a palazzo Gambacorti (che è stato anche proprietà degli Appiani) dal sindaco di Pisa Marco Filippeschi, dall'assessore alla cultura del Comune di Piombino, Ovidio Dell'Omodarme, dal sindaco di Ponsacco, Alessandro Cicarelli, dal sindaco di Campo nell'Elba, Vanno Segnini, da padre Vincenzo Coli, da monsignor Renzo Nencioni, dal professor Pier Marco De Santi,dal professor Mario Bernardo Guardi oltre che dall'autore. Filippeschi ha sottolineato come a Pisa si stia lavorando "molto sul recupero dell'identità storica. C'è una grande operazione materiale di investimento e di recupero. Ma c'è anche la speranza di un recupero della nostra storia. La città di Pisa sta conoscendo un periodo di grandi cambiamenti, caratterizzato anche da rilevanti riqualificazioni di importanti siti storici". Per il sindaco di Pisa "questo volume non solo getta una luce nuova su una famiglia importante e sulla stessa storia della città, ma è testimonianza di una fioritura di interesse su molteplici aspetti della vicenda di Pisa che, significativamente, accompagna i mutamenti in atto. Ancora vivono le testimonianze del passaggio degli Appiani sulla nostra città e sul nostro territorio ed in particolare l’attuale palazzo della Prefettura, già palazzo Appiani e poi Medici. Anche all’interno del Duomo di Pisa varie testimonianze ricordano gli Appiani".
"Per Piombino – afferma l'assessore Dell'Omodarme - questo libro ha un valore straordinario. E' il tentativo di raccontare la storia di una delle grandi famiglie delle elites toscane. Si riconnette ad una storia più generale che supera ampliamente i piccoli territori". "Una famiglia, una storia, un territorio". Per il sindaco di Campo nell'Elba "sono questi gli ingredienti del lavoro realizzato dall’architetto Arrighini che è riuscito a ricostruire, attraverso le vicissitudini dei suoi protagonisti, il percorso storico politico e sociale di un’epoca e restituircela nella sua perfetta originalità". Per il Sindaco di Ponsacco "non c'era mai stata consapevolezza sul grande ruolo che questa famiglia ha avuto. La storia degli Appiani non solo rende lustro al passato della nostra cittadina, ma di fatto riesce ad inserirla nel contesto più grande ed importante della storia nazionale". Per monsignor Nencioni, parroco della chiesa Arcipretura di Ponsacco, "spinto dalla presenza di una anonima piazza d’Appiano nel centro storico del nostro paese, Arrighini si è dedicato ad una ricerca su una famiglia che ha lasciato diversi segni a Ponsacco e che si è rivelata inaspettatamente una dinastia fra le maggiori e più importanti delle casate toscane, nata, sviluppata e ben radicata nel territorio dell’antica località di Pons–Sacci".
Fonte: http://www.pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=12684

sabato 5 gennaio 2013

La vestale di Kandinsky. La relazione tra il grande astrattista e la pittrice Gabriele Münter al centro del libro di Franco Donatini

"Agli occhi di molti sono stata solo un'appendice insignificante di Kandinsky. Che una donna possa avere un talento autonomo e sia un essere creativo lo si dimentica facilmente. Tutti mi consideravano la giovane fidanzata, che io dipingessi era un fatto secondario!" Gabriele Münter ricorda che prima ancora di essere stata la donna di un artista è stata un'artista donna, una donna che negli anni si è trasformata da compagna a "vestale" di Kandinsky.  La personalità e la relazione sentimentale tra i due artisti, Wassily Kandinsky e la pittrice Gabriele Münter, sono al centro del nuovo libro, pubblicato da Felici editore, La vestale di Kandinsky di Franco Donatini, ingegnere e docente universitario di Pisa che nei suoi libri approfondisce personaggi del mondo dell'arte e della scienza secondo l'approccio "visti dal di dentro" e analizza il rapporto tra l'opera e il profilo umano. Nel libro la personalità di Kandinsky è tracciata da un particolare punto di vista: la vita privata e il suo rapporto con le donne in special modo quello con la pittrice Gabriele Münter, l'unico che non si è mai trasformato in legame matrimoniale. La Münter non ha voluto "legarlo con un vincolo formale", per lei il loro era "un rapporto superiore" e "il matrimonio avrebbe potuto renderlo più banale". Una vicenda umana e artistica importante, iniziata durante il primo matrimonio con la moglie Anja Semjakin, che accompagnerà la vita di Kandinsky dal 1902 per circa quindici anni.
Il loro rapporto è ben tratteggiato da Donatini nelle pagine del libro: "Spesso lui la seguiva furtivamente quando usciva di casa per dipingere. Si appostava dietro un cespuglio per non farsi notare e osservava il dipinto che veniva fuori. Era come se guardando il quadro, ne scrutasse l'anima, le pulsioni che si esprimevano in quelle pennellate contorte e cariche di tensione. Un modo diverso di guardare la sua donna, di accedere a un immagine che non era quella puntigliosa delle loro discussioni e nemmeno quella tenera e passionale della loro intesa amorosa. Era una terza immagine che solo la pittura riusciva a rivelare e che, secondo lui, consentiva di completare pienamente la loro unione".
La relazione con la Münter sarà interrotta dal matrimonio di Kandinsky con Nina Andreevsky. Per superare il dolore dell’abbandono, Gabriele custodirà come una vestale le opere di Kandinsky realizzate nel periodo di vita in comune: "Non provo rancore per lui, ci sono molti ricordi che danno un senso alla mia vita come queste sue opere. Non sono disposta a separarmi da esse, rappresentano l'unica ragione per cui sento il bisogno di continuare a vivere".  La richiesta di restituzione dei quadri da parte dell'ex compagno vedrà una strenua opposizione della Münter che vincerà anche il processo da lui intentato. Le opere d'arte saranno donate alla Lenbachaus di Monaco in occasione dell'ottantesimo compleanno della Münter che le aveva custodite con amore e attaccamento profondo per un'intera vita. La testimonianza di uno dei momenti più alti del secolo scorso sarà così consegnata alla storia.