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martedì 28 febbraio 2012

“Io Busketo” di Sergio Costanzo, il romanzo storico sulla Pisa medievale

Un’opera narrativa avvincente costruita all’interno di una cornice storica completamente documentata. Per concludere l’ultimo weekend della mostra, al Centro Espositivo Sms, dedicata ai trent’anni di Gioco del Ponte non poteva mancare la presentazione del magistrale romanzo storico che, al di là della finzione letteraria, ricostruisce con estrema accuratezza topografia urbana, vita cittadina e vicende della Repubblica marinara pisana tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, più precisamente dal 1063 al 1111. Sabato 25 febbraio alla presentazione del romanzo Io Busketo di Sergio Costanzo, pubblicato nel 2010 da Linee Infinite Edizioni, oltre all’autore, sono intervenuti Franco Veroni, ex consigliere comunale, Renzo Castelli, giornalista de La Nazione, Francesco Capecchi, consigliere comunale, Gabriele Masiero, giornalista dell’Ansa.
Il romanzo narra la vicenda di un uomo, Busketo, che seppe immaginare, oltre che progettare, quel grande complesso monumentale da secoli famoso in tutto il mondo come la piazza del Duomo di Pisa. Se sono già in corso i preparativi per la celebrazione, tra due anni, del novecentocinquantesimo dell’inizio della sua opera, la Cattedrale (la costruzione della seconda
opera del complesso monumentale, il Battistero, comincerà più di quarant’anni dopo la sua morte), i dati documentati sul personaggio di Busketo sono pochissimi (è del tutto ignoto anche l’anno di nascita). “Solo un paio di documenti – precisa l’autore - ne certificano l’esistenza in date diverse.
L’unica iscrizione che si può notare è quella della tomba” collocata sulla facciata della cattedrale. “I libri di storia dell’arte”, sottolinea Costanzo, testimoniano “la presenza nella cattedrale pisana di stilemi bizantini o nordafricani”, come la cupola ellittica, unica in Europa e ad inserirli non poteva che essere o “il committente o l’architetto”. Ma, si chiede l’autore, tali motivi architettonici come potevano essere noti ad una committenza che, nel caso della cattedrale di Pisa, per la prima volta era pubblica? E’ quindi presumibile che siano stati introdotti dall’architetto che difficilmente poteva essere un pisano con una precedente esperienza professionale fuori dall’Europa se, come attestano i documenti, capo cantiere del Duomo Busketo lo è stato per ben 47 anni. Tenendo conto della vita media nel XII secolo sarebbe vissuto troppo a lungo. Come ammette lo stesso autore sembra acclarata una sua provenienza dall’Armenia. “Confrontando i dati storici, in quel periodo ci fu un’invasione turcomanna dell’Armenia che era cristiana”. Negli stessi anni il proliferare in Europa  di costruzioni che non avevano nessun rapporto con le precedenti sembrerebbe confermare l’ipotesi della provenienza di nuovi maestri da quell’area geografica.
Tuttavia carattere e origini di Busketo sono il risultato di una dichiarata finzione letteraria dell’autore su cui si articola la trama del romanzo. Correva l’anno 1063. Il console di Pisa Orlandi aspettava l’architetto che avrebbe dovuto progettare una grande cattedrale in grado di dare lustro alla potenza politica, militare e commerciale che la repubblica marinara si era guadagnata sul campo nei primi decenni del secondo millennio. La ricerca si era orientata su Fares, famoso e ormai anziano architetto di Aleppo che, però, aveva deciso di inviare il figlio Sahl, appena tornato dal regno di Axum che aveva come antica lingua il busketo. Il giovanissimo Sahl si era imbarcato con due figli di mercanti di Aquilea fino a Venezia per poi proseguire via terra verso Pisa, ma i tre a pochi chilometri dalla meta, alla chiusa dei Monti Pisani, vennero assaliti. L’unico a salvarsi fu il giovane architetto, trovato agonizzante e curato da una famiglia di contadini. Nel delirio Sahl ripeteva con così tanta insistenza la parola “busketo” che inizialmente venne chiamato con quel nome. Tuttavia anche dopo esser stato individuato come l’architetto tanto atteso dalla città, il console ritenne preferibile presentarlo alla città con quel, seppur particolare, nominativo e non con il suo nome proprio, di evidente origine araba.
Se la grande quantità di dati storici che Costanzo è riuscito a reperire in oltre dieci anni di studio si intreccia molto bene con la finzione letteraria del romanzo, la scelta di far pervenire Busketo da una terra straniera non è realizzata solo con lo scopo di rendere omaggio ai risultati della ricerca storica. Aver voluto collocare Busketo nella posizione di immigrato proveniente da un paese arabo può essere letta anche come metafora del tempo presente. La scelta, per ammissione stessa dell’autore, è stata dettata anche dalla volontà di “universalizzare” Pisa e di presentarla come luogo dove razze e religioni diverse convivono e sfruttano le proprie diversità per il bene della collettività. Per Costanzo l’obiettivo è anche quello di mettere in evidenza come “quando si combatte per uno scopo comune le differenze scompaiono”.
Enrico Stampacchia

domenica 26 febbraio 2012

Al via i nuovi corsi, intervista allo scrittore pisano Alessandro Scarpellini

Scrivere per conoscere il mondo e se stessi ed essere protagonisti dei propri racconti in un laboratorio aperto a tutti coloro che vogliono avviarsi alla scrittura raccontando e raccontandosi. Presentato giovedì 23 febbraio il nuovo corso di scrittura creativa (I livello) del narratore e poeta Alessandro Scarpellini che inizierà giovedì 1 marzo. Organizzato dal Circolo arci Agorà e dal Centro Studi di Scrittura Creativa Elrond, in collaborazione con Felici Editore, il corso si terrà per 12 settimane tutti i giovedì dalle 20.00 alle 22.00 presso la sede del circolo Agorà in via Bovio 48. Ne parliamo con Scarpellini, esperto come educatore in scrittura creativa, autore di numerosi libri, l’ultimo dei quali L’astronave Madre pubblicato da Felici Editore, e vincitore di importanti Premi Letterari.

Parlaci dei tuoi corsi. Quali sono gli obiettivi?La frase di Stanislavskij “l’importante non è scoprire se stessi nell’arte ma l’arte in se stessi” ne riassume bene il presupposto. L’obiettivo principale è far scoprire ad ogni persona che è un essere unico e originale, è far esprimere attraverso la parola quei mondi dentro che ognuno di noi ha. Raccontando storie conosci, ma conosci anche una parte di te.

Sei un educatore, oltre che scrittore...Sì, infatti e conosco il linguaggio per raccontare storie, ma anche quello per far venir fuori la storia di ogni persona. Nel corso di primo livello che partirà martedì prossimo si lavora più sul linguaggio, su come la percezione di un’idea possa diventare una storia, un romanzo, o sarebbe meglio dire un racconto visto che il laboratorio di scrittura è incentrato sulla narrazione breve. Nel secondo livello si entra più nella struttura della narrazione, nella trama, nei personaggi.

Una palestra per nuovi scrittori?
Non ho l’ambizione di far diventare qualcuno scrittore, ma di far entrare dentro il linguaggio del raccontare storie. L’obiettivo è ampliare la propria capacità conoscitiva del mondo e di sé, perché ognuno di noi è anche una piccola parte del mondo. Si tratta di mettersi in gioco, di scoprire e scoprirsi, di liberare energie, di lavorare sulle nostre sensazioni, e di non disperdere le nostre emozioni, i nostri pensieri.

Ci sono anche romanzi pubblicati da studenti che avevano frequentato i tuoi corsi?Sì, ce ne sono stati diversi. Mi vengono in mente i romanzi Le città parallele di Luca Randazzo e L’acchiapparatti di Francesco Barbi. In questi anni sui miei corsi sono state scritte anche quattro tesi di laurea.

Qualche dato sugli allievi dei tuoi corsi... quanti ne hai avuti?
A Pisa faccio corsi sulla narrazione all’Agorà dal 2001, e prima per il teatro del tè, mentre a Lucca e da Felici Editori li faccio sulla poesia. Complessivamente ho avuto oltre seicento allievi che provenivano da diverse città della Toscana, e non solo. Addirittura ne ho avuto uno che solo per seguire il corso tutti i martedì, in macchina, veniva a Pisa da Savona. Poi ho tenuto corsi anche in Sicilia, a Torino e, nelle scuole per studenti e per la formazione di insegnanti, a Santiago del Cile. In generale vengono a seguire persone di ogni età dai 16 anni fino ad età evanzata e da ogni strato sociale e professionale.

Ma tu lavori anche per il Comune di Pisa...
Sì, per la biblioteca dei ragazzi organizzo incontri, brevi percorsi sulla poesia per i ragazzi dagli 8 ai 15 anni. Il mio mestiere è fare l’educatore e per il Comune di Pisa ho organizzato corsi anche per la comunità di tossicodipendenti e nel carcere.

Come sono andati?Benissimo, direi in modo travolgente. In carcere andavo una volta alla settimana e i detenuti per seguire il corso rinunciavano alla loro ora di libertà. Le lunghe esperienze presso le Comunità di tossicodipendenti “Casa del Vento” a Pisa e “il Doccio” a Bientina hanno dato origine alla pubblicazione del libro Passi di...versi.
Enrico Stampacchia

martedì 21 febbraio 2012

Da Pisa a Corfù passando da Milano. Intervista a Gioia Maestro, autrice di “Magic Corner of Corfu - Chlomos”

Ci sono molti modi per scrivere la guida di un territorio. Attraverso immagini fotografiche un autore più o meno anonimo può limitarsi ad indicare al lettore mete turistiche e itinerari suggestivi. Attraverso la propria esperienza personale chi scrive di un territorio può, invece, trasmetterne l'atmosfera indossando "i panni del viaggiatore e la curiosità del pellegrino". Il libro ci indica non solo il nome e cognome dell'autore ma, in parte, anche un percorso biografico. E' il caso di Magic corner of Corfù - Chlomos della scrittrice pisana Gioia Maestro, autrice del romanzo Dall'altra parte del lago, che da quasi dodici anni si è trasferita nell'isola greca e con il suo nuovo libro ha voluto contribuire alla "salvaguardia di una memoria che appartiene a tutti e non solo alla gente del luogo". Ne parliamo direttamente con l'autrice.

Da Pisa a Milano da Milano a Corfù, prima come luogo di villeggiatura poi, dal 2001, di residenza. Con l'isola di Corfù è stato un amore a prima vista?
«Sì, quando la vidi alla fine degli anni Ottanta il primo colpo d'occhio fu decisivo. Mi ricordava moltissimo la Toscana e decisi subito che sarebbe stata la meta abituale per le mie vacanze. Ho capito qual era il motivo solo in seguito, quando da Milano, dove lavoravo da oltre vent'anni per il Comune come pedagogista, mi sono trasferita nell'isola greca. L'esilio dalla Toscana era tale anche per un aspetto di cui non ero pienamente consapevole»

Quale?
«Era un esilio dalla natura. Da quando negli anni Settanta, dopo l'università, mi trasferii da Pisa a Milano non mi ero mai resa conto di quanto fosse importante. Non si può vivere senza cielo. Quando vivi una realtà come quella di Milano tutto è nascosto dal grigiore, dallo smog, dalla rabbia, dalle incazzature quotidiane. Attraverso i  viaggi, la natura ti insegna a vedere le cose in modo diverso. Passi dal grande movimento tutto esteriore della vita quotidiana ad uno anche interiore, perché il viaggio è qualcosa anche di interiore. Se fossi rimasta in Toscana questa esigenza non l'avrei sentita in modo così forte. Forse non me ne sarei mai andata perché la realtà qui è diversa, Pisa è una piccola città circondata dalla natura»

Perché hai deciso di trasferirti da Milano a Corfù? 
«E' stata determinante la situazione politica che si era creata. Mi occupavo di educazione presso l'assessorato del Comune di Milano che era quasi un ministero, ma funzionava molto bene e aveva 30mila utenti. Dal 1994 in poi, con la vittoria del centrodestra, è stato smontato completamente, l'intero sistema di politiche sociali smantellato. Finché nel 2000, mentre ero in vacanza a Corfù,  mi arrivò un fax che annunciava la chiusura dei Centri di Educazione Permanente. Avrei potuto continuare a lavorare presso il Comune di Milano perché il posto fisso non me lo toccava nessuno. Ma non mi interessava. Ho sempre lavorato per progetti in ambito pedagogico, non per timbrare il cartellino. Così decisi di licenziarmi, di trasferirmi con il mio compagno e iniziare una nuova vita a Corfù»

E' stata quasi una scelta politica di campo?
«Direi più che altro una "scelta di scampo". La mia non era nemmeno una critica ideologica. In quel contesto il privato rispondeva più ad una logica di affari a stretto contatto con la politica, che ad una di efficienza. Avrei potuto continuare magari con un part time, stando metà tempo a Milano e metà a Corfù. Ma non si possono avere due vite, ne verrebbe fuori mezza. Così ho deciso di chiudere del tutto la mia esperienza con il Comune di Milano. Ripeto non ero interessata alla logica del posto fisso, ma a realizzare progetti in cui credevo e in più di vent'anni sono stati molti, dalla preparazione dei docenti di sostegno all'insegnamento dell'italiano per stranieri.  Negli anni Ottanta non avevo lavorato solo per il Comune di Milano, ma anche a un progetto di cooperazione multibilaterale  per l'Unesco a Santiago del Cile e a consulenze per la Regione Lombardia»

Un cambiamento radicale di vita il trasferimento a Corfù...
«Passare da una città con oltre due milioni di abitanti ad un paese di mille (vicino al capoluogo, la città di Corfù) è stato un bel salto. Venivo da luoghi che potrei definire a bassa densita identitaria. Le periferie delle grandi città, in particolare, possono essere definite solo in negativo, per quel che non sono. Al contrario l'isola ha il mare e dà un'idea di assoluta definitezza. I confini sono importanti perché sono una parte della tua stessa identità»

E ora qual è la tua attività a Corfù?
«Lavoro come guida turistica»

Per questo hai deciso di scrivere il libro Magic Corner of Corfù - Chlomos?
«Sì, ma per me è anche un tributo nei confronti di un'isola a cui, come ho detto, devo molto. Le guide che trovi a Corfù spesso sono improponibili con dati di trent'anni fa. Ci sono anche pubblicazioni molto belle ma costosissime»

La particolarità del tuo libro è che non parli solo di luoghi fisici. Geografia e storia, cultura popolare ed esperienza personale sembrano volersi fondere. Come giustamente hai scritto la tua guida somiglia "alla fotografia di un frammento di territorio", il villaggio di Chlomos nella parte meridionale dell'isola, "una sorta di istantanea della situazione sociale culturale, ed economica di un'area in transizione, in bilico tra due mondi", passato e futuro. 
«Parlo di un piccolo villaggio nella regione meridionale molto bello e non contaminato dal turismo di massa degli ultimi vent'anni. Chlomos ha la particolarità di essere un luogo dove vi è un felice connubio tra natura e cultura. Ma anche il titolo "Angoli magici di Corfù - Chlomos" vuole essere di buon augurio per continuare in futuro con ulteriori pubblicazioni sulle altre regioni dell'isola di Corfù, un territorio bellissimo, da secoli eletto come meta di villeggiatura per principi e reali europei, con una superficie che è due volte e mezzo quello dell'isola d'Elba»

La tua preoccupazione è che i mutamenti in nome del progresso possano "appannare le radici storiche e identitarie del luogo, lasciandolo in qualche modo privo di anima"...
«Sì, ma non ho una visione pessimista del futuro. Chlomos è un esempio di come anche il tanto idolatrato e imprescindibile parametro dell'economia possa essere declinato sul versante dell'ottimizzazione delle risorse piuttosto che solo su quello della massimizzazione dei profitti»

...ma nel presente, quali sono le ripercussioni a Corfù della crisi che sta attraversando la Grecia?
«Grazie alle entrate derivanti dal turismo, fino all'autunno si è retto molto meglio rispetto al resto del paese. Ora la situazione sta peggiorando anche lì. Uno dei sintomi della crisi è che non ci sono i soldi per pagare gli insegnanti»

Magari in questo momento di grave crisi per la Grecia anche contribuire ad incrementare il turismo nelle isole può essere di aiuto...Dove si può trovare il tuo libro? E' autoprodotto, non è quindi nel circuito delle librerie...
«E' reperibile presso la libreria L'Orsa minore, una nuova libreria aperta in via Coccapani, a pochi metri dall'angolo con via Palestro. Andateci, perché un buon viaggio comincia anche da lì».
Enrico Stampacchia


domenica 12 febbraio 2012

“Le studentesse dell'Università di Pisa (1875 -1940)”

Sarebbe impossibile enumerare tutti i generi della saggistica. Ogni libro ne contiene almeno uno. Non è, però, così comune trovare saggi che al loro interno riescono ad averne diversi e tutti, nella stessa misura, rilevanti. E' il caso del nuovo volume, pubblicato da Edizioni Ets, Le studentesse dell'Università di Pisa (1875 -1940) di Annamaria Galoppini capace di essere un libro di storia e microstorie locali, un saggio sul tema dei diritti, della emancipazione e della parità, femminile ma in generale dei soggetti deboli, e una pubblicazione sulla storia della scolarizzazione e dell'università pisana supportato da statistiche, grafici e tabelle.
Presentato lunedì 6 febbraio presso la biblioteca universitaria di Pisa, il libro è il risultato di indagini archivistiche e documentarie che hanno permesso di elaborare elenchi di iscritte, di laureate ediplomate e più in generale di ricostruire i dati di tutte le iscrizioni all'Ateneo pisano, dalle 470 del 1877 alle 2555 del 1941."Studiando i problemi della condizione femminile – scrive Galoppini – era naturale incontrare quello dell'accesso delle donne all'istruzione, in particolare all'istruzione superiore nel quale le esponenti del movimento di emancipazione avevano visto il mezzo (insieme con il lavoro extradomestico) per liberare le donne dalla loro plurisecolare inferiorità civile e politica". Delle 224 laureate in Italia tra il 1875 e il 1900, a Pisa ne risultano solo quattordici di cui dieci in Lettere, una in Filosofia (con la doppia laurea), due in Matematica, due in Medicina, quasi tutte successive al 1891.
A laurearsi prima, nel 1877, in realtà, ci fu solo una studentessa di Medicina, Ernestina Paper che, tra l’altro, a differenza dei laureati negli anni Novanta, come tutti gli aspiranti medici dell’epoca, dopo aver frequentato i primi quattro anni di facoltà a Pisa, concluse l’ultimo biennio nella sede distaccata di Firenze dove, al termine, potè conseguire il titolo di studio accademico. Se in Italia, Paese che nel 1678 vide la prima laureata al mondo (destinata a rimanere nel corso dei due secoli successivi uno dei casi eccezionali), non ci sono mai stati espliciti ostacoli giuridici all’accesso delle donne all’università, fino al 1875 il genere femminile non era neppure menzionato (l’unico riferimento, nella legge Casati, era quello relativo all’istruzione delle bambine per l’accesso alle scuole elementari, in classe separate). Il punto di svolta fu il regolamento proposto dal ministro della pubblica istruzione Ruggero Bonghi che, per primo, affermò esplicitamente la possibilità per le donne di essere “iscritte nel registro degli studenti e degli uditori“ qualora “presentino i documenti richiesti“.

Bisognerà però aspettare molti anni per veder approvata una normativa che definisce la capacità giuridica della donna sottraendola dall’autorizzazione maritale e da arbitrari atti amministrativi che spesso influivano anche sul piano dell‘accessibilità femminile all’istruzione superiore.  A stabilirlo sarà la legge 1176 del 1919 che ammette le donne “ad esercitare tutte le professioni e a coprire tutti gli impieghi pubblici“ ad eccezioni di quelli esplicitamente previsti dalle leggi. Come confermato anche dal regolamento attuativo, le donne rimarranno escluse dalla magistratura (fino al 1963), dal servizio militare e dalle carriere direttive dello Stato. La legge ebbe ripercussioni sull’istruzione universitaria perché per la prima volta aprì l’accesso femminile a carriere professionale, fino ad allora totalmente precluse, come l’avvocatura e ilnotariato. Anche Pisa ebbe, così, le sue prime laureate in Giurisprudenza che fino ad allora non consentiva quegli sbocchi professionale per la quale veniva prescelta dagli studenti di sesso maschile. La prima fu nel 1920 Paola Pontecorvo e nei successivi vent’anni ve ne furono altre trentatré. Ben diversa la situazione nella facoltà pisana di Lettere. Già nel 1915/16 le donne cominciarono a superare leggermente gli uomini (per poi scendere nei primi anni Trenta fino al 36% e risalire al 58% nel 1940/41). Le percentuali molto ridotte di Medicina saranno destinate ad aumentare leggermente nel corso degli anni Trenta grazie all’afflusso delle ragazze ebree provenienti “dall’Europa centro-orientale che fuggivano dalle discriminazioni antisemite dei loro Paesi d’origine“. In generale a Pisa le iscrizioni femminili “continuarono a crescere oltre la media nazionale fino all’inizio della seconda guerra mondiale, dove termina la periodizzazione di questa ricerca“ e già all’inizio della Grande guerra, con il 10,39%, “si erano assestate su una percentuale quasi doppia della media nazionale“.
Una sentenza del Consiglio di Stato, successiva alla legge 1176, non esiterà a respingere il ricorso di una candidata che si era vista sbarrare la strada ad un concorso in un ginnasio maschile per una ennesima clausola discriminatoria nei confronti dell’accesso femminile. Alle singole amministrazioni statali verrà riconosciuto il potere di stabilire casi di esclusione delle donne anche non previste dalla legge quando “necessario o utile o anche conveniente“. L’autrice ci ricorda che “si era nell’Italia del 1921, di cui facevano scempio le squadre dei picchiatori fascisti“ e il libro sa, poi, entrare bene nel merito della politica contro l’emancipazione femminile del regime fascista. Tener viva la memoria storica sulla tragicità del ventennio successivo è obiettivo molto apprezzabile. Forse, nonostante le conquiste democratiche dell’Italia repubblicana, ciò potrebbe essere utile anche per una riflessione sulla storia successiva, almeno quella complessiva degli ultimi novant’anni, e sul fatto che senza un rigoroso e costante riferimento alla legge il passo tra discrezionalità burocratica e arbitrio discriminatorio sia breve, assolutamente troppo breve.

Enrico Stampacchia

domenica 5 febbraio 2012

E dilettando appaga.... Il palazzo Quarantotti a Pisa: studi e restauri

E' ormai un monumento nazionale. A vederlo dall'esterno, da via Tavoleria, non è facile immaginare la bellezza delle sue sale. Tesori d'arte che possono essere ammirati attraverso visite regolate da una convenzione tra la Congregazione delle Suore di Santa Marta, titolare del palazzo adibito a pensionato universitario femminile, e il Ministero dei Beni Culturali. Ma anche, in parte, attraverso le immagini fotografiche presenti nel nuovo  libro edito da Ets E dilettando appaga.... Il palazzo Quarantotti a Pisa: studi e restauri con testi di Alessandro Baldassari, architetto responsabile dell'opera di restauro e curatore dell'intero volume, Maria Giulia Burresi, Benedetta Moreschini, Silvia Nannipieri, Mauro Sassu.
Presentato venerdì 3 febbraio da Claudio Casini e Federico Bracaloni con un saluto  del sindaco di Pisa Marco Filippeschi, dell'arcivescovo mons. Giovanni Paolo Benotto, di Madre Antonia Dei, del presidente della Federazione Italiana “Amici dei Musei” Mauro Del Corso, il libro ripercorre la storia del Palazzo Quarantotti, attraverso anche la vita delle tre famiglie pisane che lo hanno posseduto, i Carnesecchi i Celati e i Quarantotti, e testimonia le sue trasformazioni strutturali e artistiche.
Con questo volume Ets inaugura la nuova collana diretta da Baldassari e Burresi "Utilità e Bellezza" che intende presentare i recenti recuperi di edifici storici pisani in grado di realizzare oltre al restauro, inedite capacità conoscitive e progetti di riuso o di valorizzazione. E' la riproposizione di quell'inscindibile rapporto che, secondo le linee tracciate dall'assunto vitruviano, si instaura in architettura tra utilità e bellezza.
In questo primo volume, seguiranno La chiesa di San Frediano a Pisa, Le Logge di Banchi, La chiesa di San Casciano a Settimo, Palazzo Poschi in Pisa, La chiesa di Sant'Andrea Forisportam a Pisa, l’autore-restauratore ci offre, con grande competenza, i risultati dell'opera di restauro permettendo a tutti di goderne i risultati. Si può così constatare come dentro un’opera d’arte sia possibile crearne un'altra, fondendo insieme antico e moderno. Per Baldassari un progetto di restauro ponderato potrà ammettere "la sola rimozione di quegli elementi recenti e privi di valore (...) che costituiscono un disturbo nella percezione del monumento in tutte le sue  stratificazioni storiche. La natura di questi interventi deve garantire comunque la coerenza e la comprensibilità dell'opera d'arte sulle quali si esercita". Una presa di posizione che, per Filippeschi, è "all'altezza del dibattito che anima la città". Questa opera di restauro su "uno dei palazzi più importanti di Pisa" in "uno dei suoi luoghi più antichi" e "cruciali, non solo dal punto di vista architettonico, ma anche da quello dell’identità cittadina", si propone di "conservare i vari strati storici" ricucendo "i vuoti con un linguaggio e una sensibilità che sono, inevitabilmente, contemporanei".
Enrico Stampacchia

giovedì 2 febbraio 2012

Storie, personaggi e immagini di casa nostra, in edicola il 4 febbraio con La Nazione

Trentatré pagine di storia illustrate da immagini d'epoca, molte inedite, e raccontate attraverso articoli di Mario Mannucci, Renzo Castelli, Giuseppe Meucci e Paolo Vestri pubblicati in questi anni nelle edizioni locali di Pisa e Pontedera del quotidiano La Nazione. Il nuovo libro Storie, personaggi e immagini di casa nostra di Mannucci edito da Tagete Edizioni potrà essere acquistato, per la prima volta, sabato 4 febbraio in edicola insieme al quotidiano La Nazione su tutto il territorio provinciale.
Uno degli obiettivi della pubblicazione è, infatti, anche quello di unire una città con una provincia che, per l'autore, è a dir poco "varia e movimentata". Per Mannucci si va "dal territorio e litorale pisano i cui cittadini doc vivono ancora nel mito della potente Repubblica marinara, stranemica di Firenze, alle colline sanminiatesi dove l'aria fiorentina è invece vicina" fino a quel "Comprensorio, arrivato in provincia di Pisa soltanto nel 1925 per compensare i territori tolti a Pisa e dati a Livorno, che nell'ultimo mezzo secolo ha conquistato il mondo con le sue pelli e con il suo cuoio". Differenti realtà territoriali che per l'autore è "molto difficile tenere insieme". La stessa Pontedera storicamente è stata contesa per secoli con Firenze e l'influenza pisana non è così forte. "Se l'Arno ha soprattutto unito e unisce le genti toscane – scrive Mannucci - l'Era le ha divise a lungo, visto che proprio qui si formò il confine tra le due superpotenze medievali. Firenze e Pisa, l'un contro l'altra armate finché Firenze non vinse". Ma fino ad allora anche Pontedera, che non è nata, come molte persone pensano, nell'Ottocento, né tantomeno negli anni Venti del secolo scorso con la Piaggio, era un castello pisano. Poi "ai signori pisani, Upezzinghi e Gambacorta, tanto per fare due nomi, che possedevano castelli e terre intorno all'Era, si sostuirono quelli fiorentini. Uno per tutti: i Riccardi".
Racconti di storie, di personaggi, di aneddoti che spaziano dal Medioevo al Novecento passando per il Risorgimento. Un esempio è l'episodio di Garibaldi a Pontedera nel giorno del suo sessantesimo compleanno, il 4 luglio 1867, quando, accompagnato dal suo amico generale Luigi Stefanelli, venne "a cercare aiuti in uomini e soldi per ripartire all'attacco della caput mundi".
Per la casa editrice Tagete che lavora molto sulla storia locale, soprattutto della Valdera, è la prima pubblicazione associata alla vendita di un quotidiano.
                                                                                                                                    Enrico Stampacchia

Fonte: http://www.pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=9495