Il cibo come “occasione per parlare di geografia,
storia, biologia”, l’alimentazione come “materia di studio completa e
complessa in cui la salute del pianeta è strettamente legata a quella
dell’individuo”. Nel presentare l’ultimo numero di Locus, la rivista trimestrale di cultura del territorio edita da Felici editori sul tema Pisa, città degli orti, Carlo Petrini, fondatore e presidente internazionale
di Slow Food, si riferisce al progetto ”Orto in condotta” che ha ormai
superato le quattrocento esperienze in Italia. Un percorso a cui, dopo
aver già realizzato in proprio il progetto un “orto in ogni scuola”, il
Comune di Pisa ha aderito. Un’esperienza unica in Toscana ma anche in
Italia, per un così elevato numero di orti nelle scuole tutti in ambito
cittadino. Ne parliamo con Paolo Ghezzi, vicesindaco del Comune di Pisa
con delega anche a parchi, verde pubblico e cura della qualità urbana.
Negli ultimi anni quando si parla di educazione alimentare si tende spesso a fare riferimento solo alla quantità di calorie. Non si parla quasi mai del legame tra cibo e identità culturale, poco di qualità e di sapori. Per Slow Food il progetto “Orto in condotta” rappresenta uno strumento didattico per conoscere il territorio i suoi prodotti, i suoi legami con le stagioni, le sue ricette. Come è stato introdotto nel territorio comunale di Pisa?
Nell’anno
scolastico 2007-2008 venne ideato dal Comune di Pisa il progetto “un
orto in ogni scuola”. Da subito furono raccolte decine di adesioni da
parte delle scuole pisane. I 35 orti scolastici, dopo un’adeguata fase
di formazione, furono realizzati dalle maestre e dai bambini delle
scuole pisane con il supporto logistico dell’azienda agricola Pacini e
della Cooperativa Terra Uomini e Ambiente e con il supporto formativo di
Slow Food. Oltre ad imparare, zappettare, annaffiare e raccogliere i
frutti del proprio lavoro, nel primo anno i bambini realizzarono anche
migliaia di biglietti di auguri colorati messi in vendita per acquistare
alberi da frutto da piantare nel giardino della propria scuola. L’anno
successivo il progetto degli orti pisani si è evoluto ed è stato accolto
nel progetto “Orti in condotta” della rete nazionale Slow Food
formalizzata con la firma di un protocollo alla presenza di Carlo
Petrini nel corso del convegno “Mai fragole a dicembre”. Un ingresso
prorompente, tanto da costituire ancora oggi la più capillare diffusione
di orti in ambito scolastico di tutta Italia.
Qual è stato il procedimento per realizzare gli orti?
C’è
stata una naturale evoluzione nel tempo. Con sopralluoghi mirati nei
giardini scolastici sono stati individuati i luoghi più adatti per
accogliere l’orto prevedendo l’esecuzione in cassette nel caso in cui le
condizioni non consentissero di utilizzare direttamente il terreno
naturale. Alle classi sono state assegnati kit di attrezzi e semi per
dedicarsi all’attività di orticultura. In alcune scuole sono stati
distribuiti biocomposter per il trattamento di rifiuti organici, in
altre sono state seminate windflowers per creare un prato di fiori
spontanei. Percorsi specifici sono stati previsti per i racconti degli
ortolani anziani, per il recupero di materiali e per il risparmio di
risorse. L’attività è stata arricchita con temi ambientali e con
percorsi proattivi per richiamare le farfalle nei giardini delle scuole.
Direi un grande successo di un progetto semplice. Vedo, infatti,
un'inversione di tendenza: per decenni c’è stato il fuggi fuggi, l’orto
era sinonimo di arretratezza, di povertà. Ora si sta riscoprendo che la
ricchezza è mantenere il rapporto con il territorio.
Un messaggio anche sul piano educativo…
C’è
una filiera di valori che cerchiamo di recuperare anche, e soprattutto,
con i bambini delle scuole. Uno dei messaggi principali che cerchiamo
di trasmettere è che tutti devono e possono avere un ruolo nel processo
di cura dell’orto: proprio come dovrebbe accadere nella società civile.
Chi zappetta la terra ha bisogno, per vedere un buon risultato, di chi
sparge i semi, di chi toglie le erbacce, di chi ogni giorno fornisce un
po’ d’acqua. E’ una lovoro di gruppo e, se guardiamo bene, un ruolo non è
più importante dell’altro: per arrivare in fondo ogni attività è
indispensabile e va fatta con cura per non vanificare gli sforzi di
tutti. E tutti devono avere rispetto del lavoro altrui. Questo vale
nell’orto ma, più in generale, dovrebbe valere nella società. Non esiste
una società che possa definirsi equilibrata e che aspiri a una elevata
qualità di vita se non è in grado di valorizzare il lavoro di tutti.
Siamo legati al ruolo che ciascuno di noi svolge. E’ una catena di gesti
tutti ugualmente importanti. Non esiste un lavoro più dignitoso di
altri e per un risultato finale di qualità difficilmente ci si può
ritenere autosufficienti.
A cosa è dovuto un così grande successo?
Forse
allo stimolo dell’immaginazione, ma soprattutto alla semplicità della
proposta e ai tanti significati che essa racchiude. Dall’insegnamento ai
bambini al ciclo delle stagioni e dei frutti che la terra mette a
disposizione nei diversi periodi all’impegno per veder crescere i
risultati del proprio lavoro; dal rispetto per l’ambiente comune
all’educazione con esperienze dirette e ad un corretto ciclo di
alimentazione. In generale l’attività nelle scuole vuole essere uno
stimolo alla capacità di valutazione autonoma del bambino in
controtendenza e da contrapporre alle infinite sollecitazioni mediatiche
e di costume.
Sono nate anche le “Ortimpiadi”…
Sì,
come progetto in collaborazione tra il Cus Pisa e l’associazione Orti
pisani per promuovere la sinergia tra il piacere del movimento e dello
sport ed il piacere di mangiare sano e buono. Dopo una prima edizione al
Cus Pisa le Ortimpiadi sono state organizzate nel 2011 anche sul Ponte
di Mezzo chiuso, per l’occasione al traffico, e reso verde con prati e
piante. Si tratta di gare a carattere ludico-sportivo che coinvolgono
sia le competenze fisiche sia quelle di orticoltura ed alimentazione dei
partecipanti. Il progetto prevede oltre alla giornata finale con le
gare, la realizzazione di orti presso la sede del Cus Pisa o in altre
zone della città; la realizzazione di un percorso formativo di
educazione allo sport e di educazione alimentare, collegato alla
realizzazioni degli orti nelle scuole cittadine. Si impara giocando con
“la corsa del cavolo”, con “rubaravanello” e con “il lancio della
patata”.
Il Comune di Pisa ha anche istituito una giornata interamente dedicata ai temi dell’Orticultura?
Sì,
con una delibera del 2010 è stato istituita, nella giornata
internazionale dedicata all’Africa, il 25 maggio, una giornata che Pisa
dedica ogni anno ai temi dell’orticultura coinvolgendo i bambini e le
loro famiglie.
Dai risultati del progetto un orto in ogni scuola e poi un orto in condotta si è fatto carico di una ambiziosa iniziativa: promuovere l’educazione e la formazione agro-ecologica in alcune scuole della città brasiliana di Corumba con cui Pisa ha sottoscritto un patto di amicizia e solidarietà. Che risultati avete ottenuto?
C’è
stato un percorso parallelo a Pisa e in Brasile con modalità e
tempistiche diverse. Ciò aiuta i bambini e loro famiglie a comprendere
meglio che ciò che cresce a Pisa non può crescere nello stesso momento a
Corumba e che ogni territorio vive il suo tempo e la sua specificità
alimentare che va preservata e valorizzata. Nello specifico, Corumbà è
una città che vive sul piano sociale una situazione drammatica.
L’obiettivo del progetto è quello di spezzare la catena che lega
giovanissimi e criminalità attraverso la promozione all’interno delle
scuole di attività di formazione relativa al settore agro-ecologico. In
questo modo le famiglie, spesso con un bassissimo reddito, possono
beneficiare direttamente delle attività del progetto. Nelle proprie
abitazioni, gli orti possono divenire una fonte di sostentamento ed
autoalimentazione. Il progetto ha avuto come scopo anche quello di
mettere in rete i bambini delle scuole pisane con quelle delle scuole
brasiliane. I contatti via web hanno costituito un ulteriore elemento di
arricchimento del progetto.
Il Comune di Pisa ha redatto un disciplinare per potenziare la pratica degli orti sociali anche in città e non solo in alcune periferie. Finora l’aumento degli orti in città è stato particolarmente significativo?
Il
disciplinare è stato redatto attraverso un lavoro lungo e
multidisciplinare coinvelgendo direttamente anche gli ortolani al fine
di razionalizzare, prima, le esperienze già realizzate come quella de I
Passi e soprattutto del Cep e di crearne, poi, delle nuove. L'obiettivo è
quello di dotare ogni circoscrizione di una realtà come quella
esistente al Cep. Vanno individuate le aree ottimali e creati percorsi
di investimento sociale ed economico. Per realizzare l'intero progetto
ci vorrà la prossima consiliatura. I prossimi orti sociali previsti
dovrebbero essere nella zona di via Norvegia anche se stiamo conducendo,
con il contributo di Regione e CNR, uno studio per la localizzazione
ottimale di queste aree anche da un punto di vista pedologico e della
qualità dei terreni.
C’è chi sostiene che bisognerebbe superare l’attuale normativa che prevede la realizzazione di orti urbani nelle sole aree individuate come aree agricole urbane perché potrebbero essere realizzati anche nelle aree individuate come aree a verde attrezzato. Che ne pensa?
E’
un discorso molto complesso e delicato, è un’idea suggestiva ma
effettivamente difficile da concretizzare nella sua realizzazione
pratica. Bisogna far convivere esigenze diverse e c’è un limite oltre il
quale è difficile trovare un equilibrio. Il problema delle
responsabilità e di chi si prende cura degli spazi non è secondario e
difficilmente lo si può delegare alla buona volontà di qualche
volontario. Già in passato i percorsi non sufficientemente controllati
hanno dato risultati deludenti e molto lontani anche dalle finalità per
cui erano nati.
Siamo abituati agli orti come caratteristica della campagna o dell’estrema periferia spesso con recinzioni molto meno curate rispetto a quelle dei giardini. Magari per gli orti in città potrebbero essere maggiormente valorizzati elementi di arredo urbano come ad esempio delle belle recinzioni per le quali, a dire il vero, Pisa non si è mai particolarmente distinta.
Questo
è un passaggio culturale che potrebbe davvero generare una svolta. La
cura dell’orto deve recuperare la capacità di trasmettere sensazioni
visive ed emozioni. Un orto curato, nella disposizione degli spazi e
nella qualità degli arredi, descrive uno stato d’animo, un atteggiamento
mentale, un rapporto sereno con quel che si sta facendo. L’orticultura
può risultare anche un percorso efficace per recuperare serenità e per
favorire socialità. L’estetica e la pulizia del luogo possono diventare,
in questo senso, uno specchio eloquente del proprio equilibrio
interiore e del piacere di aprirsi agli altri offrendo il meglio di sé.
Enrico Stampacchia
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