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martedì 28 agosto 2012

Quella malattia ereditaria che chiamiamo invecchiamento

Sempre più longevi, ma sempre più vecchi. Nell'ultimo secolo la vita media è passata da quaranta a ottant'anni. Come è noto i fattori che provocano la scomparsa delle persone più anziane sono stati combattuti con successo. Ma se la cattiva notizia è che la velocità di progressione del processo di invecchiamento non è cambiata perché non è stata contrastata, la buona è che farlo è assolutamente possibile. La ricerca scientifica ritiene lo stile e le scelte di vita molto più influenti (70%) rispetto all'incidenza dei fattori genetici (30%). Si può quindi intervenire sulle cause dell'invecchiamento molto più di quanto ci si possa aspettare senza limitarsi ad arginarne le conseguenze esteriori attraverso il ricorso al chirurgo estetico. Palliativo utile, forse, al benessere psichico ma non altrettanto a quello fisico. Molti risultati degli studi degli ultimi vent'anni presso il Centro di Ricerca sull'Invecchiamento dell'Università di Pisa sono riassunti nel libro L'arte della longevità in buona salute pubblicato da Edizioni Ets di Ettore Bergamini, coordinatore del Centro, ordinario di Patologia generale dell'Università di Pisa e gerontologo noto a livello internazionale. "Sono questi gli studi – sottolinea Bergamini – che hanno consentito di comprendere i meccanismi di azione dei quattro principali interventi anti-invecchiamento ad oggi noti". Ovvero la restrizione dell'apporto calorico, l'esercizio fisico, l'assunzione di acidi grassi polinsaturi, l'assimilazione degli antiossidanti racchiusi in frutta e verdura. 
Secondo l'autore "i più recenti sviluppi scientifici confermerebbero le deduzioni dei filosofi antichi: tutti gli esseri viventi, nessuno escluso, sarebbero affetti da una malattia ereditaria cronico-degenerativa, che chiamiamo invecchiamento, caratterizzata dall'avere un periodo di incubazione così lungo da essere compatibile con il successo riproduttivo della specie". L'invecchiamento è da considerarsi quindi una malattia e non un fattore di rischio e le malattie associate  "segni e complicazioni che possono essere facilmente prevenuti contrastando il processo morboso fondamentale". Una definizione in linea con quella attuale di malattia e anche con l'ottimismo di fondo dell'autore: "Contro la fisiologia non ci sono cure, mentre molto può essere fatto, invece, contro le malattie innate". 
Per Bergamini "contrastando l'invecchiamento si prevengono tutte le malattie che attualmente rappresentano i peggiori flagelli dell'umanità e tormentano gli ultimi anni della nostra vita condannandoci alla fragilità, alla non autosufficienza", alla disabilità. D'altra parte l'aumento della vita media nell'ultimo secolo è stato così forte e così rapido da non poter essere determinato da mutamenti genetici. L'aumento della longevità è conseguenza solo di cambiamenti ambientali e non può essere considerato una conquista irreversibile. Ma per capire l'efficacia scientifica degli interventi bisogna aver chiaro in cosa consiste il processo di invecchiamento. Lo scorrere del tempo fisico lascia nelle cellule e nei tessuti del corpo delle lesioni. L'invecchiamento biologico è determinato sia dalla velocità con cui si producono i danni che dal funzionamento dei meccanismi di riparazione. Per vivere tutti gli esseri viventi hanno bisogno di produrre energia che in gran parte viene realizzata attraverso l'ossidazione degli alimenti che a sua volta produce radicali tossici dell'ossigeno, i ROS, i radicali liberi più diffusi (ogni nostra cellula ne produce 200-300 al secondo). Gli organismi viventi hanno sviluppato efficaci difese antiossidanti che, tuttavia, non riescono a bloccare tutti i ROS. Alcuni arrivano a proteine, lipidi e acidi nucleici provocando danni che possono, comunque, ancora essere eliminati attraverso meccanismi cellulari di riparazione. Non tutti, però. "Si calcola – afferma Bergamini – che ogni giorno giungano al nucleo di ogni cellula circa 10.000 radicali, che causano altrettanti danni (mutazioni) a carico del DNA". Di questi solo 9999 verrebbero riparati. "Ogni giorno si aggiunge ad ogni nostra cellula un danno non riparato del DNA, cioè una mutazione stabile; se sono colpiti geni che controllano la generazione cellulare potrà svilupparsi un tumore" altrimenti "la cellula potrà morire per apoptosi e, con la sua scomparsa, contribuirà a ridurre la funzione dell'organo e, quindi, all'invecchiamento". Così i quattro interventi per ritardarlo possono essere suddivisi in due gruppi sulla base del momento in cui agiscono. Mentre il controllo dell'apporto calorico, che opera a livello dei visceri, e l'esercizio fisico, che agisce su cuore e muscoli scheletrici, consentono la sostituzione delle componenti cellulari degradate attivando il processo di riparazione,  gli antiossidanti presenti in frutta e verdura, che agiscono in modo preventivo, e gli acidi grassi polinsaturi, che intrappolano i radicali liberi, proteggono dal danno ossidativo rendendo così le cellule più resistenti.
In un'epoca in cui sempre più spesso il medico riesce a evitare la morte ma non a restituire la salute, questo libro di divulgazione scientifica può rappresentare un valido contributo di conoscenza. Il futuro certamente non sarà del tutto nelle nostre mani, ma fa piacere pensare che, attraverso anche le nostre scelte di vita, lo possa essere il più possibile. Senza, però, illudersi troppo.
Enrico Stampacchia

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