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domenica 30 settembre 2012

Calabria, archeologia per la memoria. Presentato a Pisa il libro del premio Campiello 2012 Carmine Abate.

Uno scavo archeologico nella memoria, nella ricerca delle radici proprie, dei propri luoghi e della mitica città (della Magna Grecia) di Krimisa. Una narrazione scandita da un rapporto tra padre e figlio capace di far recuperare quella memoria collettiva necessaria per poter illuminare il presente. Un secolo di storia, il Novecento, dove le vicende di una famiglia calabrese, gli Arcuri, custodi di un luogo, la collina del Rossarco, e dei suoi segreti, si susseguono attraverso quattro generazioni e s'intrecciano con gli avvenimenti della grande storia. Una famiglia che nel tempo resiste ai soprusi di potenti e prepotenti, con il fascismo, con la mafia, con i signori delle pale eoliche, con personaggi che per i propri guadagni sono pronti a deturpare i paesaggi più belli.
A presentare a Pisa, martedì 25 settembre nella sala gremita del Centro espositivo San Michele degli Scalzi, nell'ambito della festa della cultura calabrese, il romanzo di Carmine Abate La collina del vento, vincitore poche settimane fa del premio Campiello 2012 (con ben quaranta voti di differenza sul secondo classificato), l'autore stesso e il prof. Salvatore Settis, ex direttore della Scuola Normale, che nel libro ha riconosciuto "memorie personali" non solo come calabrese, "un ritorno a casa", ma anche "come archeologo". Se la presenza degli antichi non è un tema nuovo nella letteratura del Sud, per Settis non era "facile tematizzare la presenza dell'archeologia". L'autore riesce a farlo "trasformando due grandi archeologi italiani, Paolo Orsi e Umberto Zanotti Bianco in personaggi del romanzo" che nella realtà si conosceranno nel 1911. "Orsi – sottollinea Settis - insegna a Zanotti Bianco che per riscattare la miseria serve l'archeologia". Così quando scopre che in alcuni paesi della Calabria la gente era talmente povera che nel pane aggiungeva anche un po' di segatura, Zanotti Bianco utilizza il reperto: invia un pezzo di quel pane al re, al presidente del Consiglio e ai presidente di Camera e Senato.
"Un altro tema che emerge nel romanzo – afferma Settis – è il perpetuo conflitto tra archeologia e agricoltura". Tuttavia se Orsi dimostra come queste due realtà "possano convivere", ben più irrisolvibile è il contrasto "tra gli scavi e la volgarità di un villaggio turistico" perché, come scrive l'autore nel romanzo, "una città ha un'anima" che "non scompare mai". "Una città è come una persona, nasce, cresce, muore, a volte sparisce lasciando labili tracce che solo un occhio attento può scoprire".
Abate precisa che il romanzo, scritto negli ultimi mesi di vita del padre, "è nato da una promessa fatta dentro di me: raccontare queste storie che lui mi raccontava prima che queste storie scomparissero con la sua morte". Un libro che è "un atto d'amore nei confronti della propria terra" ed è "un omaggio alla parola dei padri, ovvero alla memoria". E per Abate "recuperare la memoria ha un senso solo se serve ad illuminare il nostro presente".
Enrico Stampacchia

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