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martedì 28 febbraio 2012

“Io Busketo” di Sergio Costanzo, il romanzo storico sulla Pisa medievale

Un’opera narrativa avvincente costruita all’interno di una cornice storica completamente documentata. Per concludere l’ultimo weekend della mostra, al Centro Espositivo Sms, dedicata ai trent’anni di Gioco del Ponte non poteva mancare la presentazione del magistrale romanzo storico che, al di là della finzione letteraria, ricostruisce con estrema accuratezza topografia urbana, vita cittadina e vicende della Repubblica marinara pisana tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, più precisamente dal 1063 al 1111. Sabato 25 febbraio alla presentazione del romanzo Io Busketo di Sergio Costanzo, pubblicato nel 2010 da Linee Infinite Edizioni, oltre all’autore, sono intervenuti Franco Veroni, ex consigliere comunale, Renzo Castelli, giornalista de La Nazione, Francesco Capecchi, consigliere comunale, Gabriele Masiero, giornalista dell’Ansa.
Il romanzo narra la vicenda di un uomo, Busketo, che seppe immaginare, oltre che progettare, quel grande complesso monumentale da secoli famoso in tutto il mondo come la piazza del Duomo di Pisa. Se sono già in corso i preparativi per la celebrazione, tra due anni, del novecentocinquantesimo dell’inizio della sua opera, la Cattedrale (la costruzione della seconda
opera del complesso monumentale, il Battistero, comincerà più di quarant’anni dopo la sua morte), i dati documentati sul personaggio di Busketo sono pochissimi (è del tutto ignoto anche l’anno di nascita). “Solo un paio di documenti – precisa l’autore - ne certificano l’esistenza in date diverse.
L’unica iscrizione che si può notare è quella della tomba” collocata sulla facciata della cattedrale. “I libri di storia dell’arte”, sottolinea Costanzo, testimoniano “la presenza nella cattedrale pisana di stilemi bizantini o nordafricani”, come la cupola ellittica, unica in Europa e ad inserirli non poteva che essere o “il committente o l’architetto”. Ma, si chiede l’autore, tali motivi architettonici come potevano essere noti ad una committenza che, nel caso della cattedrale di Pisa, per la prima volta era pubblica? E’ quindi presumibile che siano stati introdotti dall’architetto che difficilmente poteva essere un pisano con una precedente esperienza professionale fuori dall’Europa se, come attestano i documenti, capo cantiere del Duomo Busketo lo è stato per ben 47 anni. Tenendo conto della vita media nel XII secolo sarebbe vissuto troppo a lungo. Come ammette lo stesso autore sembra acclarata una sua provenienza dall’Armenia. “Confrontando i dati storici, in quel periodo ci fu un’invasione turcomanna dell’Armenia che era cristiana”. Negli stessi anni il proliferare in Europa  di costruzioni che non avevano nessun rapporto con le precedenti sembrerebbe confermare l’ipotesi della provenienza di nuovi maestri da quell’area geografica.
Tuttavia carattere e origini di Busketo sono il risultato di una dichiarata finzione letteraria dell’autore su cui si articola la trama del romanzo. Correva l’anno 1063. Il console di Pisa Orlandi aspettava l’architetto che avrebbe dovuto progettare una grande cattedrale in grado di dare lustro alla potenza politica, militare e commerciale che la repubblica marinara si era guadagnata sul campo nei primi decenni del secondo millennio. La ricerca si era orientata su Fares, famoso e ormai anziano architetto di Aleppo che, però, aveva deciso di inviare il figlio Sahl, appena tornato dal regno di Axum che aveva come antica lingua il busketo. Il giovanissimo Sahl si era imbarcato con due figli di mercanti di Aquilea fino a Venezia per poi proseguire via terra verso Pisa, ma i tre a pochi chilometri dalla meta, alla chiusa dei Monti Pisani, vennero assaliti. L’unico a salvarsi fu il giovane architetto, trovato agonizzante e curato da una famiglia di contadini. Nel delirio Sahl ripeteva con così tanta insistenza la parola “busketo” che inizialmente venne chiamato con quel nome. Tuttavia anche dopo esser stato individuato come l’architetto tanto atteso dalla città, il console ritenne preferibile presentarlo alla città con quel, seppur particolare, nominativo e non con il suo nome proprio, di evidente origine araba.
Se la grande quantità di dati storici che Costanzo è riuscito a reperire in oltre dieci anni di studio si intreccia molto bene con la finzione letteraria del romanzo, la scelta di far pervenire Busketo da una terra straniera non è realizzata solo con lo scopo di rendere omaggio ai risultati della ricerca storica. Aver voluto collocare Busketo nella posizione di immigrato proveniente da un paese arabo può essere letta anche come metafora del tempo presente. La scelta, per ammissione stessa dell’autore, è stata dettata anche dalla volontà di “universalizzare” Pisa e di presentarla come luogo dove razze e religioni diverse convivono e sfruttano le proprie diversità per il bene della collettività. Per Costanzo l’obiettivo è anche quello di mettere in evidenza come “quando si combatte per uno scopo comune le differenze scompaiono”.
Enrico Stampacchia

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